L'accostamento verbale cui si intitola il concerto, evoca in realtà, i cardini concettuali della 'svolta' segnata dalla sensibilità barocca nella storia della musica occidentale Se da una parte l''invenzione' assume nella pratica musicale un valore di implicito superamento, se non di contrasto, del rigore compositivo precedente, quel contrappunto rinascimentale ormai avvertito come 'calco' di una sensibilità al tramonto, d'altra parte la nuova teoria degli 'affetti' assegna al linguaggio musicale, per l'appunto, un codice autonomo di riferimento. L'equivalenza delle varie voci nel contrappunto subisce una polarizzazione delle estreme, dove si concentra maggiormente la 'funzione espressiva' degli affetti, col risultato che l'approccio monodico appare sempre più adeguato a rendere il travaglio di un sentire sempre più individualizzato. Ciò che conta, nella resa del testo, non è la sua 'lettera' passata sotto una lente oggettiva, ma la percezione dell' 'affetto' che evoca. L'affetto conosce un tempo psicologico, nel passaggio fra uno stato interiore e l'altro; il che porta sempre più a creare tensioni nel dettato musicale, con la creazione di approdi sonori attorno a cui il flusso sonoro misura divagazioni e riassestamenti: nasce la tonalità.
Athanasius Kircher
Storicamente, fu il gruppo di musicisti e letterati radunati, fra il 1573 e il 1587 circa, a Firenze intorno al conte G. Bardi del Vernio perciò detto la Camerata Fiorentina o Camerata de' Bardi a gettare le basi teoriche per la 'rivoluzione monodica' del melodramma: fra questi, Vincenzo Galilei, Giulio Caccini, Ottavio Rinuccini, Piero Strozzi. Sullo sfondo, il richiamo teorico al modello della musica greca, proclamando la superiorità razionale della monodia sul contrappunto, il recupero di uno stretto rapporto musica-parola, in cui la musica doveva esprimere in forma chiara e in rispettosa subordinazione gli 'affetti' del testo. Il barocco elaborò una vera e propria 'teoria degli affetti' (Affektenlehre), inerente il rapporto tra la musica, i sentimenti e gli effetti prodotti sull'animo umano. Nell'età di transizione fra Rinascimento e barocco emerse un nuovo rapporto tra musica e poesia, in cui la musica venne vista come 'strumento d'intensificazione' delle passioni. Prendendo come punto di partenza le teorie formulate nella seconda metà del Cinquecento da G. Zarlino, nel suo saggio Musurgia universalis sive ars magna consoni et dissoni, del 1650, il gesuita Athanasius Kircher (1602-1680) pose le basi della teoria degli affetti: egli delineò una relazione fra stato d'animo e la corrispondente armonia musicale, attribuendo ad alcune 'figure' musicali la capacità di esercitare effetti psicologici.
Johan Matteson
Durante tutto il Seicento, sino all'illuminismo e alle soglie del romanticismo, la teoria degli affetti verrà a occupare un posto di primo piano nelle discussioni musicali e filosofiche.
Nel corso del Settecento, Johan Mattheson (1681-1764) applica la teoria degli affetti anche alla musica strumentale (Das neu-eröffnete Orchestre, 1713) e fisserà la corrispondenza tra la figura musicale e l'affetto da essa provocato secondo rigidi schemi. L'adesione della musica al mondo degli 'affetti' è uno dei fini della poetica barocca: lo statico equilibrio rinascimentale cede il posto a un vibrante dinamismo espressivo, che può manifestarsi nell'intensità sfarzosa del colorismo della scuola veneziana, come in questo programma dedicato a Vivaldi e Legrenzi, o nella linearità delle composizioni monodiche. La ricerca della tensione, del contrasto, del 'chiaroscuro' si afferma anche nella musica strumentale, che nasce e si sviluppa in età barocca con il concerto grosso e solistico, con la sonata e con le composizioni per organo e clavicembalo.
L'Estravagante: Stefano Rossi, violino; Elisa Bellabona, violino; Francesco Galligioni, violoncello; Maurizio Salerno, clavicembalo.