C’era una volta l’impegno: fuori corso, come
si sa. E c’era Francesco Rosi, scomparso lo
scorso gennaio. Difficile scindere la categoria
dall’uomo: gli si farebbe un torto. Perché, per
quanto desueta e fuori moda, la cifra dell’impegno
(civile) era in Rosi tanto autentica quanto
intrinseca al suo lavoro. E dettata da una necessità
insopprimibile, non certo occasionale.
Inscindibile, appunto.
A Francesco Rosi rendiamo omaggio alla Casa
del Cinema in aprile con una personale di nove
titoli, opera omnia per tappe salienti e dando
per visti i capolavori di cui si è detto, dalle
opere d’esordio La sfida (1958) e I magliari
(1959) sino all’ultimo, La tregua (1996), passando
per Uomini contro (1974), Il caso Mattei
(1972), Lucky Luciano (1973), Cadaveri eccellenti
(1976), Cristo si è fermato a Eboli (1979),
Tre fratelli (1981). Sul filo della cronaca che,
persino inconsapevolmente, va per farsi storia,
Rosi irrompe con il suo sguardo critico, arrabbiato,
trovando spesso e non a caso nell’eternamente
inquieto e irato Gian Maria Volonté il
giusto corrispettivo attoriale. Rosi era di quella
pasta lì, capace di indignarsi e far sentire la propria
voce, parecchie spanne sopra chiunque
altro. Voce autorevole di un uomo e di un
autore certamente di parte: la parte giusta.