Ha dedicato tutta la sua vita al cinema e il suo cinema è lo specchio che riflette la sua vita. Così, nel trentesimo anniversario della scomparsa, la città di Venezia ricorda Jacques Tatischeff, in arte Tati, proiettando tutti i suoi
film. Che sono pochi. Perché frutto di un lavoro
artigianale, lento e meticoloso, ispirato dal rispetto del proprio pubblico e della propria idea di cinema, noncurante delle logiche di mercato o degli incassi al botteghino. Jacques Tati infatti, non era solo un mimo, sceneggiatore,
attore, regista e produttore di se stesso, ma era innanzitutto un uomo libero, capace di scardinare in soli sei film le regole del linguaggio cinematografico e reinventare il comico, a cominciare dalla costruzione del
suo personaggio, Monsieur Hulot, il suo alter-ego, che ha fatto del suo corpo ingombrante e della sua involontaria anarchia i suoi punti di forza. Il suo è un cinema sonoro, in cui la parola, rara, è un suono al pari degli altri,
in cui tutto è raccontato attraverso i gesti e i rumori.
I suoi sono film senza storia, che mostrano la comicità della vita reale, in cui ognuno può diventare protagonista inconsapevole di una gag costruita nel tempo. Al
montaggio incalzante delle comiche d’inizio secolo, create come un meccanismo perfetto su tempi e ritmi accelerati, Tati sostituisce la lentezza del piano-sequenza, che svela nello scorrere del tempo le situazioni comiche più
impreviste. Il cinema di Tati diventa allora una scuola per lo sguardo dello spettatore, educato attraverso i film, a farsi osservatore attento anche oltre lo schermo, per trovare la comicità presente nella vita vera. Lo spettatore
è lasciato libero di guardare e di ridere per quello che vuole nelle inquadrature in campo lungo e lunghissimo. Come nella realtà. Ma si tratta pur sempre di film e, dunque, essi appaiono tanto più veri quanto più sono falsi.
Nulla, in una pellicola di Tati è lasciato al caso.
Il regista Tati conosce a memoria ogni scena, ogni inquadratura, ogni gesto del suo film. Gli attori, perlopiù non professionisti, si limitano a rifare i movimenti che lui ha mostrato, interpretando tutti i personaggi, dal
protagonista all’ultima comparsa. Le scene, girate per le strade di piccoli paesi di provincia all’inizio della sua carriera (Jour de fête, Les Vacances de M. Hulot), diventano sempre più complesse e si procede alla costruzione di vere case finte (Mon Oncle), fino alla realizzazione di un’intera falsa città: Tativille (Playtime). È la grande verità del cinema: è vero che tutto è falso. È anche il grande fallimento di Tati. Dopo l’enorme successo di critica e pubblico coronato dal premio Oscar nel 1958 per Mon Oncle, Tati affonda nei debiti di un progetto troppo ambizioso per un pubblico ancora incapace
di comprenderlo. Tati perde tutto, la casa di produzione, la casa di famiglia, i diritti sui suoi film, ma non perderà mai la sua integrità morale e la sua onestà intellettuale: «Si tratta di fare una scelta: il rispetto della Banca di Francia o quello di una nuova generazione.
La mia scelta è già stata fatta» disse. Tati ha sempre guardato con rispetto e con fiducia alle generazioni future. Così dopo Trafic egli si accomiata dal cinema e dalla vita con un ultimo spettacolo sulla pista di Parade, ma la sua eredità continua a vivere e fiorire nel talento
di Michel Hazanavicius, l’eccellente regista del pluripremiato The Artist, che ritorna all’essenzialità
sonora del cinema muto e di Sylvain Chomet, il geniale regista di Appuntamento a Belleville (omaggio esplicito al cinema di Tati), che è riuscito a far ritornare sullo
schermo Jacques Tatischeff in forma di disegno animato, protagonista de L’Illusionista, pellicola tratta dalla sceneggiatura originale mai realizzata del maestro. Monsieur Tati: una rassegna pensata per chi ancora non conosce i suoi film, per chi li ha amati e per chi li ama
ancora, per sperimentare tutti insieme che i suoi film iniziano quando si esce dalla sala, perché, come diceva Tati, «Ci sono tantissimi Hulot, tutto il mondo è un po’ hulotista, allora è necessario cercare…», cosicchè il tempo
del divertimento non finisce mai.