Al Centro Culturale Candiani di Mestre una rassegna nell'ambito del progetto 'DOVE – Donne a Venezia. Creatività/ Economia/Felicità', dedicata questa volta alla nostra Monica Vitti, grande attrice della scena e degli schermi nazionali, purtroppo assente da un decennio per problemi di salute. La retrospettiva della “ragazza con la pistola” (un titolo di successo del suo repertorio), prenderà il via giovedì 1° marzo con una delle interpretazioni drammatiche valsegli notorietà internazionale in apertura di carriera. La programmazione prosegue poi fino al 29 marzo.
Voce roca, timbro inconfondibile, sguardo intenso; ironica, brillante, struggente: questa è Monica Vitti, ottant’anni, gli ultimi dieci vissuti in silenzio a causa di “una
gigantesca gomma che cancella la memoria”.
Il debutto giovanissima a teatro, il doppiaggio e poi il cinema, l’incontro con Michelangelo Antonioni, il primo che ne cattura le ombre, con ruoli insoliti tra seduzione e
tormento che la faranno diventare un’icona enigmatica, la diva dell’incomunicabilità (L’avventura, La Notte, L’eclisse, Deserto Rosso).
È Mario Monicelli a esaltarne la sua inclinazione comica (La ragazza con la pistola), un cambio di registro che conquista il grande pubblico e segna una vera rivoluzione.
L’irraggiungibile, tormentata e incompresa protagonista dei fi lm di Antonioni, a partire dalla fi ne degli anni Sessanta diventa la “mattatrice”, “il quinto moschettiere”
della commedia all’italiana (come l’ha defi nita il critico Callisto Cosulich).
Dei suoi famosi colleghi non è mai stata la spalla, piuttosto complice, alter-ego, compagna di strada.
Un passaggio naturale, quello dal drammatico al comico, per quest’artista istrionica e versatile, capace di impugnare i propri personaggi con un’ironia straordinaria e
proiettarli oltre il grande schermo, facendosi interprete politicamente consapevole dell’affermazione della donna nella nostra società, nonchè simbolo dell’evoluzione
femminile.
Far ridere il pubblico annientando la malinconia: un modo perfetto per parlare di se stessa e delle altre donne, anche loro divise proprio in quegli anni, tra Drammi
della gelosia, matrimoni per allegria, retaggi di vecchie usanze e la possibilità di diventare, tutte, fi nalmente, ragazze con la pistola. Nell’Italia degli anni Sessanta e
Settanta le donne stavano cambiando e lei lo raccontava anche così.
La sua carriera è costellata di numerosi premi e onorefi cenze, una meritata notorietà che la porta a lavorare anche con autori come Joseph Losey (Modesty Blaise), Miklós Jancsó (La pacifi sta) e Luis Buñuel (Il fantasma della libertà).
Una carriera strepitosa, che l’ha imposta nella commedia italiana quando far ridere sembrava predominio maschile, accanto al suo grande partner di set, Alberto Sordi
o a Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Alain Delon o Richard Harris; diretta dai registi più grandi, da Antonioni a Alessandro Blasetti, da Monicelli
a Ettore Scola a Dino Risi.
La si potrebbe innalzare a simbolo di un’epoca: donna arguta, umile, affascinante e grintosa, che ci insegna anche a invecchiare con dignità, lontano dai riflettori.