Concerto dell'orchestra Zero Vocal Ensemble
Eva Macaggi e Ai Nagasue soprani
Elisa Bonazzi e Matilde Lazzaroni contralti
Michele Foresi e Fabio Gentili tenori
Giacomo Serra e Paolo Marchini bassi
Musiche di Claudio Ambrosini, Luciano Berio, Sigismondo d'India, Claudio Monteverdi
Nell'operare una scelta di testi dell'ultimo madrigalismo italiano per questo progetto concertistico la preferenza è caduta su due tra i più grandi autori tardo cinquecenteschi, il cremonese Claudio Monteverdi e il siciliano Sigismondo D'India, legati da un orientamento estetico comune che mira a dare il massimo valore semantico al tessuto verbale del testo poetico: l'orientamento è chiaro, indirizzato verso autori contemporanei come Tasso, Guarini, Marino e Rinuccini i quali, figli dell'umanesimo e del petrarchismo, arricchiscono le loro narrazioni tramite metafore, iperboli ed antitesi, che acquistano grande efficacia drammaturgica in una sapiente veste musicale. D'India conobbe Monteverdi presso la corte dei Gonzaga a Mantova e da lui apprese l'uso di un cromatismo espressivo e di dissonanze volte a valorizzare il senso drammatico dei testi. Risulta opportuno sottolineare come i due autori apprezzino un uso promiscuo di polifonia e monodia accompagnata. L'arte del canto solista era del resto uno dei punti di forza di Sigismondo, lui stesso stimato cantore presso molte corti italiane e noto per le sue opere a voce sola e basso continuo - come il suo contemporaneo Giulio Caccini, al quale sicuramente avrà pensato componendo il madrigale Dovrò dunque morire che Caccini musicò nelle sue “Nuove musiche” del 1601. Un uso della polifonia più dinamico, e l'alternanza di sezioni “a voci sole”, mette in luce l'espressività della parola e obbliga l'ascoltatore ad indagare i rapporti dialettici che si instaurano tra le voci. Risultano di fatto evidenti già dal primo libro dei madrigali di Monteverdi, con il madrigale Ecco mormorar l'onde, le anticipazioni dello stile declamato e del recitativo, in cui le voci, in perfetto stile imitativo, giocano tra loro contendendosi ciascuna un proprio spazio declamatorio nel quale il testo viene messo in risalto per poi andare di nuovo a confondersi nel tessuto polifonico con l'ingresso delle voci successive. L'audacia espressiva spinge addirittura Monteverdi, in Sfogava con le stelle, a prescrivere un solo accordo per il primo settenario lasciando liberi gli esecutori di scegliere i valori meglio corrispondenti agli accenti della recitazione, applicando così il concetto di “sprezzatura” al madrigale polifonico e dando di fatto ai cantanti una libertà che quasi più si addice a degli attori di teatro. Opportuno infine rilevare l'aderenza di Sigismondo allo stile ricco di ritardi e dissonanze non preparate che caratterizza la produzione di Gesualdo; anche in Sigismondo d'India tali tecniche, tanto care al principe di Venosa, supportano con efficacia quei componimenti poetici che si fondano su stati d'animo contrapposti, come ad esempio l'antitesi amore/dolore. In Dispietata pietate, madrigale posto da Sigismondo al primo posto del suo Terzo libro abbiamo un perfetto esempio di questo stile compositivo. (Giacomo Serra)
Programma dettagliato