Giunti alla fine del progetto culturale extraMOENIA, attraverso il quale la galleria d’arte ha
abbattuto idealmente le proprie mura invadendo in maniera organica la città e lasciandosene
invadere (riscoprendosi parte integrante di un processo - simbiotico e biunivoco - architettonico,
urbanistico e sociale), lo spazio espositivo attua l’ultima metamorfosi trasformandosi in giardino,
ambiente naturale, vivo e dinamico.
In occasione della presentazione ufficiale del catalogo extraMOENIA e a conclusione così
dell’articolato progetto culturale e della successione di eventi che hanno ospitato oltre cinquanta
artisti da dicembre 2013 a novembre 2014, Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani daranno
vita alla performance Le déjeuner sur l’herbe, tableau vivant ispirato allo scandaloso dipinto
presentato da Édouard Manet al primo Salon des Refusés di Parigi.
Il grande proscenio naturale del bosco parigino ritratto dal pittore, anticipazione di quell’esprit
nouveau che di lì a poco avrebbe metaforicamente travalicato le alte mura dell’hortus conclus
come energica e rigogliosa contaminazione culturale, verrà proiettato sulla parete rimasta bianca
e spoglia; gli attori daranno vita ad azioni indipendenti nella mise-en-scène ideata dagli artisti che
altera i ruoli dei protagonisti del quadro ma non sminuisce – casomai amplifica - la frivola
spontaneità del momento e la percezione di presenziare, nel giusto luogo e nel giusto tempo, alla
più significativa rivoluzione figurativa, culturale e sociale che il linguaggio artistico, finalmente
liberato dalle imposizioni schematiche della verosimiglianza, abbia mai potuto testimoniare.
Nulla, dopo la lezione di Manet, sarà più come prima.
Un’operazione concettuale, ovviamente, per sottolineare con più enfasi la funzione sociale della
galleria, luogo d’incontro e di otium (nell’accezione cioè di viver al di fuori di una società corrotta)
al pari dei parchi pubblici e delle grandi aree verdi che proprio nel corso e alla fine del XIX secolo,
con l’affermazione della ricca borghesia industriale e in risposta alle nuove condizioni di vita esatte
dalla belle époque, sorgevano nelle grandi metropoli, inserendosi armoniosamente nel tessuto
urbano, poco prima dell’avvento novecentesco delle città cementificate e anonimizzate.
La visione dunque, riprendendo la metafora del giardino, di un luogo dinamico e vivo, illuminato
dalla stessa luce accecante riverberata dalle increspature delle acque della Senna all’Argenteuil,
aperto alle contaminazioni e alle socializzazioni, alle osmosi di pensiero, non più vittima di una
clausura autoimposta nella quale l’arte (con la complicità delle gallerie) sembra essere segregata
da tempo.
Una provocazione? Uno scandalo? Una visione piatta e utopica del reale? O un illuminante spunto
d’innovazione? Le stesse questioni insomma suscitate da Le déjeuner sur l’herbe, quel giorno (non
tanto lontano) del 1863, nei benpensanti parigini, offesi forse dalla loro immagine vecchia e stantia
riflessa nello stesso specchio d’acqua dove una giovane donna, tra conversazioni piacevoli e
spensierati intermezzi conviviali e noncurante dell’altrui giudizio, si rinfresca.