Spettacolo di Cristina Da Ponte e Nicolò Sordo. Compagnia I Filastrofici
Siamo Vuoti di Favole o ce ne raccontiamo una al giorno per vivere?
Il vuoto è assentarsi dal vivere, guardare la vita da fuori, nella consapevolezza che ogni sforzo è vano di fronte alla morte. Una sensazione ben nota a tutti, ma che non può durare troppo tempo. “Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarderà dentro”, scrive Nietzsche. Quel vuoto è giornalmente colmato di favole: ognuno lo fa a suo modo, ognuno con le proprie. Le favole sono prospettive, ancore di salvezza: la famiglia, il lavoro, la cura di sé, il sentirsi utili, l’idea autoconsolatoria che si ha di se stessi… Tutto ciò che ci permette di vivere e dimenticare, anche se per breve tempo, che prima o poi tutto finirà. Nello spettacolo, l’incombenza della fine è tramutata in un pericolo reale: il condominio verrà presto raso al suolo. Di volta in volta (attraverso suoni, parole e immagini) viene rimarcata la presenza di N.E.V.E. (Nuova Eliminazione Vecchi Edifici), entità non ben definita, molto simile a un “demone”, che periodicamente chiama all'appello i personaggi facendoli cadere nel loro “Vuoto di Favole”. Ogni personaggio ha una propria favola, e ne è totalmente dipendente. Sono favole strettamente individuali, ogni personaggio se le crea da solo, nella propria stanza (come la signora Sirena, che, per non uscire di casa, si convince di essersi rotta una gamba). L’unico modo per staccarsi dalla favola, di smettere di subirla e di esserne vittima, è confrontare la propria favola con quella di qualcun altro.