I due artisti contemporanei sono stati chiamati dalla Fondazione Capri per produrre una missione fotografica sull’isola azzurra a partire dalle grandi tele dell’artista tedesco Karl Wilhelm Diefenbach.
Obiettivo, quello di creare un doppio percorso espositivo site-specific, avvalendosi dei differenti linguaggi artistici. Il contributo di Jodice e Barbieri è spiazzante. L’isola di Capri diventa l’occasione per ragionare sulla contemporaneità e su una modalità di produrre paesaggio che
via via si fa sentimento. Il senso di appartenenza e i luoghi mitici (la piazzetta, i faraglioni, il faro, la via Krupp) vengono sì qui riproposti come luoghi mitici, ma trasfigurati. I segni del tempo sono i segni della contemporaneità. Ciò che conta non è più la riconoscibilità del luogo ma la sua capacità di contenere tempo.
La sfida lanciata ai due artisti è alta. Capri è probabilmente uno dei luoghi più fotografati al
mondo. L’iconografia che racconta l’isola è di spessore e va ben oltre la cartolina. Forse per
questo che Olivo Barbieri decide di salire su un elicottero, per trovare visioni capaci di confondere
e sorprendere. Per trovare quella sensazione inedita in grado di far scattare una scintilla emotiva. Francesco Jodice si concentra invece sulle tele di Diefenbach. Cerca (e trova) quelle visioni strepitose che hanno popolato i suoi sogni di bambino che frequentava l’isola. Per Jodice, fotografare significa confrontarsi con il tema dell’ossessione. Poco interessato a realizzare immagini
fotocopia dei quadri, si muove con precisione chirurgica alla ricerca di una dimensione onirica dell’isola. Le sue grandi stampe appaiono agli occhi dei visitatori come leggere tele astratte, in grado, però, di raccontare qualcosa di ancora sconosciuto su Capri.
Il progetto nasce dallo scambio culturale tra la Fondazione Capri e la Fondazione di Venezia.