Giulietta degli spiriti girato nel 1964, è uno dei film più originali, delicati e imbarazzanti di Fellini. È il suo primo lungometraggio a colori.
Lasciando la protezione del bellissimo bianco e nero delle opere precedenti, il regista insegue un colore capace di rendere la dimensione quotidiana e insieme la dilatazione fantastica del film, un colore brillante, primario, fiabesco. È il primo film che Fellini dirige con la
moglie Giulietta Masina protagonista, dopo i sette anni trascorsi da Le notti di Cabiria, in cui sono più netti i segni della cultura, psicoanalitica, della quasi-analisi junghiana che Fellini pratica con il dottor Bernhard. È il
primo film in cui, attraverso un ritratto di donna, Fellini allude alla crisi coniugale e alla condizione propria. La villa della coppia protagonista è identica alla casa al mare dei Fellini a Fregene. Nel film è presente, nella parte d’una grande seduttrice, Sandra Milo, legata al regista
in quel periodo; sono narrati la competizione - amicizia tra la Milo e la Masina, la mortificazione della Masina rispetto ad altre donne alte e sontuose (le sorelle Sylva Koscina e Luisa Della Noce, la madre Caterina Boratto, la Milo stessa), la solitudine in cui il marito lascia la Masina, i corteggiatori (José Luis Villalonga) intorno alla moglie trascurata. È l’ultimo film in cui Ennio Flaiano lavora a una sceneggiatura di Fellini; è il primo in cui lo straordinario costumista Piero Gherardi si permette iniziative personali che porteranno a termine il legame
così importante in Dolce vita e 8 ½. Giulietta degli spiriti è insomma per Fellini un film di passaggi, di mutamenti, che risulterà poi molto più importante di quanto sembrasse
alla sua uscita: è pure un’opera felliniana visivamente
tanto singolare e fastosa da rendere il restauro un’ottima idea.