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Porrajmos

La diffusa ostilità e pregiudizio presenti in diverse società europee nei confronti delle persone di etnia Rom e Sinti si tradusse, nella Germania nazista, in una vera e propria persecuzione. Sebbene meno sistematico di quello perpetrato ai danni degli ebrei, il tentativo di sterminio di Rom e Sinti fu molto simile ad esso in quanto a modalità. Queste popolazioni erano infatti considerate di 'razza non ariana', e chi vi apparteneva era tacciato di essere socialmente pericoloso, accusato di 'asocialità' e di comportamenti devianti. Rom e Sinti furono discriminati e colpiti, al pari degli ebrei, dalla legislazione razzista tedesca (le leggi di Norimberga) e, in una prima fase, furono addirittura inclusi nel criminale piano di sterilizzazione messo in atto dal nazismo (Aktion T4) e rivolto alle persone con disabilità fisiche e mentali. Questo piano mirava, nella visione nazista dell'immaginaria superiorità del popolo tedesco, alla preservazione delle qualità 'migliori' dei tedeschi attraverso l'eliminazione delle persone portatrici di geni considerati 'degenerati'. La polizia tedesca (Gestapo), sin dall'avvento del nazismo nel 1933, ebbe incarico di schedare le persone di queste etnie: decine di migliaia di persone furono identificate, una documentazione che diverrà poi utile agli esecutori delle deportazioni, che iniziarono all'inizio degli anni '40. Nel 1936 i nazisti crearono un organismo e una burocrazia appositamente dedicati al 'problema', 'La centrale del Reich per la lotta contro la nocività degl i zingari': come avvenne per gli ebrei, fu promulgata un'accurata - per quanto arbitraria e scientificamente infondata - normativa, per individuare gli appartenenti alla cosiddetta 'razza zingara'. Erano considerati tali, i figli di 'zingari', i figli di una coppia mista (definiti 'mischlinge', mezzosangue) e anche coloro che avevano un solo nonno 'zingaro'. Ma l'individuazione di un criterio discriminatorio era più complessa di quanto non fosse per gli ebrei, in quanto Rom e Sinti, nelle loro migrazioni, usano adattarsi al credo religioso delle popolazioni ospitanti; moltissimi in Europa erano dunque diventati cristiani. Per questo la persecuzione non poteva avvenire su base religiosa, ma sul terreno più sfumato dell'aspetto esteriore, degli usi e dei costumi (nomadismo, 'asocialità', tratti somatici). L'avvento della guerra significò per Rom e Sinti l'inizio delle deportazioni, delle violenze e degli omicidi arbitrari, non solo su territorio tedesco, ma su tutti i terri tori annessi o occupati dalla Germania e nelle zone di guerra. In alcuni casi venivano deportati insieme agli ebrei o confinati nei ghetti ebraici istituiti dai nazisti all'inizio del 1940 nei territori della Polonia occupata dai tedeschi. Nei campi di sterminio nazisti vennero costituite apposite aree adibite al loro internamento. Ad Auschwitz una intera sezione (Zigeunerlager), attiva dal febbraio 1943 all'agosto 1944, fu costruita a tale scopo: vi trovarono la morte circa 19.300 dei 22.600 deportati di etnia Rom e Sinti. E' accertato che oltre centomila Rom e Sinti furono uccisi a causa della persecuzione nazista; secondo alcuni storici, ad essere uccisi furono diverse centinaia di migliaia. Per lungo tempo dopo la fine della guerra non si è parlato del tentativo nazista di sterminio di Rom e Sinti, anche a causa della mancanza di una cultura scritta di queste popolazioni e della loro marginalità anche politica nelle società occidentali ed est europee. Solo negli ultimi decenni sono stati avviati studi sistematici sulla sorte di queste popolazioni durante il nazismo. Nella lingua romanì, esiste un termine equivalente a Shoah, con il quale è indicato ciò che è accaduto durante il nazismo: Porrajmos ('distruzione', 'divoramento').

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Biglietto: consulta il sito dell'evento
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dal 21/01/13 al 29/01/13
gennaio 2013
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