La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova in occasione della mostra 'Lacerazione. Plurimi/Binari ’77 / ’78', allestita nello Spazio Vedova e curata da Fabrizio Gazzarri, presenta per la prima volta insieme 3 cicli completi (II, III e il IV, inedito) e alcuni Plurimi/Binari singoli. Il luogo dove il ciclo Lacerazione è installato, nell’ex squero cinquecentesco dove Vedova per lungo tempo ha lavorato, è esattamente lo stesso dove nacque tanti anni fa e questo rappresenta, un’occasione straordinaria per un ulteriore approfondimento del suo lavoro, oltreché di un appassionato e affettuoso ricordo del grande pittore veneziano.
La scelta del titolo, nelle abitudini di Emilio Vedova, era operazione di particolare importanza e spesso assai laboriosa perché suggeriva la prima indicazione di poetica e il suo nucleo problematico ed emozionale. Questa ricerca, spesso tormentata ma di estremo rigore, produceva molto materiale che apriva e moltiplicava un'inarrestabile sequenza di riflessioni scritte, schizzi, registrazioni, letture e quanto altro potesse entrare in dialogo serrato con il suo progetto di lavoro. Lacerazione, definizione che suona inusuale e sorprendente nel panorama delle opere vedoviane perché indica una posizione di natura diversa rispetto al Vedova più conosciuto, esprime tutta la passione e l’intensità di quel disagio esistenziale testimoniato con distacco e lontananza. Per Vedova il richiamo verso una vita umanamente autentica era diventato fortissimo, oltre la contingenza sociale e politica, condizione cercata nella solitudine dello studio e nel suo silenzio intensamente vissuto, laddove la ragione non può spiegare e non può decidere. Lacerazione è anche punto di risonanza di alcuni suoi riferimenti, amati e chiamati, come Goya, un certo Tintoretto ma più ancora Giandomenico Tiepolo e la sua malinconica, grigia e precipiziale caduta di Venezia.
I Plurimi Binari esprimono una condizione di particolare raffreddamento interiore, graffiti da alfabeti indecifrabili, spaccati di luce bianca su “vuoti insostenibili”, presenze e tracce di umano in un camminare senza meta e gravità. E ancora, scritture bianco su nero in automatico, poi dilavate, cancellate e negate. Diversamente dai Plurimi precedenti, aggressivi e proiettati verso l'esterno a occupare e scontrarsi con spazi e situazioni, i Plurimi Binari percorrono silenziosamente inquietanti traiettorie parallele senza contatti e traumi rumorosi, assiderati frammenti e schegge di vita. I grandi cicli di opere erano progettati da Emilio Vedova con attente e intense riflessioni sia per il contenuto poetico che per quello tecnico e dei materiali. I Plurimi/Binari, così come i primi Plurimi, vennero definiti da Vedova “Spazi/Azione”, al di là quindi di ogni catalogazione ristretta semplicemente alla pittura o alla scultura, per sottolineare il senso incombente di un evento che si rinnova di volta in volta e nel quale il pubblico è chiamato, come spesso accade con Emilio Vedova, a interagire con le opere stesse. I Plurimi/Binari sono dipinti su pannelli asimmetrici in legno, scorrevoli in parallelo su binari in gruppi di 2 o 3, sovrapponendosi creano collage in movimento, stretti da forti strutture in acciaio che ne limitano e comprimono lo spazio di scorrimento ma ne incrementano l’energia espressiva. Vedova ne realizzò alla fine degli anni ‘70 cinque cicli (I, II, III, IV e V), ognuno composto da dieci forme in quattro inquadrature.