Tomáš Garrigue Masaryk, Edvard Beneš, Milan Rastislav Štefánik. Il lungometraggio comincia con queste tre figure del tutto dimenticate nel panorama culturale italiano. Eppure Masaryk rappresentò nella prima metà del Novecento una delle personalità più prestigiose del pensiero democratico europeo e fu il fondatore e il presidente della Cecoslovacchia fino al 1935. Un Paese che si pose in netta antitesi ai regimi totalitari che allora dominavano il Continente. Beneš gli successe nella massima carica dello stato e visse la capitolazione e il tradimento degli occidentali a Monaco nel ’38 e l’ascesa al potere dei comunisti nel ’48, dei quali si rifiutò di firmare la Costituzione.
M.R. Štefánik, eroe romantico slovacco, emigrato in Francia per i suoi studi di astronomia, che lo portarono poi a viaggiare nei cinque continenti, naturalizzato francese, molto addentro negli ambienti politici e militari, aviatore nel I conflitto mondiale, operò attivamente in Italia per la formazione della Legione cecoslovacca che combatté al nostro fianco nelle ultime battaglie del ’18.
La figura di Dubček [1921 – 1992] si staglia netta nel contesto della storia del suo Paese e in quello più generale della storia del Novecento, che qui viene rappresentata nei suoi episodi più significativi. Sono indimenticabili le scene degli ultimi colloqui con la delegazione sovietica tra il luglio e l’agosto ’68 quando si manifesta tutta l’arroganza e l’insensibilità di Brežnev nei confronti delle ragioni del “socialismo dal volto umano” e l’estraneità di Dubček all’ambiente degli uomini di apparato.
Il film mostra la straordinaria capacità del leader cecoslovacco di porsi in un “rapporto d’ascolto” con le persone, fossero esse intellettuali, operai, studenti, colleghi di partito e più genericamente le masse che lo acclamavano nelle strade e nelle piazze. Ciò aveva suscitato enormi speranze specie tra i giovani e il suicidio di Jan Palach sta lì a dimostrare la profonda delusione provata di fronte all’arrendevolezza dei responsabili politici verso Mosca. Particolarmente coinvolgenti sono le sequenze dei funerali dello studente dove la vastissima e commossa partecipazione popolare è espressione della ferma volontà di difendere le conquiste della Primavera.
Se democrazia significa innanzitutto riconoscimento dei diritti sociali e quindi “emancipazione dal morso dei bisogni essenziali” (C. Rosselli), senza la quale la libertà dell’individuo resta un dato puramente formale, l’esperimento cecoslovacco del ’68 non va solamente ‘celebrato’ ma costituisce un messaggio per il futuro.