Novembre è per antonomasia “l’estate fredda, dei morti” (Giovanni Pascoli, Novembre), e una rassegna costruita ad hoc è il modo in cui abbiamo pensato di dilettarvi in questo mesto mese cercando di sdrammatizzare l’infausto argomento. Se è vero infatti che per molti aspetti il solo pensiero del sepolcro si ostina a rimanere un tabù infrangibile, piuttosto che un goliardico pretesto per ineleganti scongiuri, è altrettanto innegabile che talentuosi cineasti si siano misurati con il tema della dipartita regalandoci opere di pura poesia o – viceversa – sagaci chicche dal sapore dissacrante e grottesco. Si fa presto, infatti, a dire morti; ma c’è morto e morto, morte e morte, sepoltura e sepoltura, e lo dimostrano i diversi registri con cui questo macabro soggetto è stato aff rontato. Il raduno funebre, preziosa occasione per chiamare a raccolta parenti e amici più o meno prossimi al defunto, diventa, a seconda, un’ottima opportunità per riappacifi care le famiglie, ovvero un epico momento di confronto per rivangare il passato e far esplodere sete di vendetta; cliché suffi cientemente ghiotto da cui hanno tratto ispirazione i registi di tre dei titoli in rassegna: Abel Ferrara per il gangster movie Fratelli, che ad oggi rimane il suo capolavoro, Peter Mullan per il suo originale fi lm d’esordio Orphans e Frank Oz, già attore e regista di successo, per la commedia Funeral Party. Tre fi lm corali, con epiloghi assai diversi, in cui il torpore della salma del defunto è il motore scatenante la bizzarra vitalità dei superstiti. Ma se i più fortunati in occasione del proprio funerale possono contare su sentite, calorose o addirittura caotiche partecipazioni, capita che alcuni trapassati vittime dell’indiff erenza rischino di non aver nessuno accanto al proprio feretro nel giorno dell’addio: Uberto Pasolini concede un riscatto alla loro solitudine in Still Life, la sua delicata opera seconda consacrata dal passaggio alla Settantesima Mostra del Cinema di Venezia. Il protagonista de La camera verde di François Truff aut, invece, foscolianamente celebra il rifi uto dell’oblio del defunto restaurando una cappella in sempiterna memoria della moglie e dei cari estinti. Ma l’incapacità di elaborare il lutto e di superare il trauma della morte lo portano ad annullarsi nell’ossessione della morte stessa. Infi ne, la cerimonia di preparazione dei cadaveri svolge il ruolo di protagonista nel nipponico Departures di Yojiro Takita, toccante occasione per confrontarsi con un culto religioso dei defunti sconosciuto in Occidente: la ricomposizione della salma e la sua esposizione sono la metafora, per chi rimane, della riconciliazione ed esorcizzazione della morte. È il caso di dirlo: c’è di che divertirsi. Assai sfaccettato e cangiante è l’umore di questi fi lm, a dispetto del tema solo apparentemente nero. Noi ci auguriamo che la rassegna vi piaccia. Da morire. (Davide Terrin)