A dattamento di Giorgio Sangati
da “Il servitore di due padroni” di Carlo Goldoni
con (in odine alfabetico) Anna De Franceschi | Francesco Folena Comini | Eleonora Fuser | Irene Lamponi | Marta Meneghetti | Michele Mori | Stefano Rota | Laura Serena | Marco Zoppello
Musiche eseguite dal vivo alla fisarmonica da Veronica Canale
Regia Giorgio Sangati
Scenografia Alberto Nonnato
Costumi Stefano Nicolao
Maschere Donato Sartori - Centro Maschere e Strutture Gestuali
Luci Paolo Pollo Rodighiero
Arlecchino, la maschera simbolo del teatro italiano e “Il servitore di due padroni”, il testo di Carlo Goldoni più rappresentato al mondo, tornano sul palcoscenico dello Stabile del Veneto in una nuova, inedita versione. Una strana soffitta ingombra di vecchi bauli e una vivace compagnia di attori. All’arrivo del pubblico i comici aprono i bauli, riemergono abiti usati mille volte, attrezzeria ammaccata e strumenti musicali impolverati, quanto basta per far rivivere questo capolavoro. La perfetta macchina teatrale goldoniana si rimette in moto, la polvere vola via a suon di canti e musica, i personaggi e le maschere riprendono vita e trascinano il pubblico in una girandola di colori, emozioni e divertimento. Travestimenti e riconoscimenti, servitori e padroni, padri e figli, morti e risorti, duelli e passioni, gioie e pianti: nello spettacolo tutto è doppio, come Arlecchino che, a sua volta, si sdoppia (anzi si triplica) nell’impresa impossibile di servire due padroni e forse anche sé stesso. Goldoni scrive “Il servitore di due padroni” lontano dalla sua Venezia e in ogni battuta della commedia si legge l’amore e la nostalgia per una città magica, un luogo unico, fantastico, intriso di vita, in cui tutto è (ancora) possibile. In scena un cast di altissimo livello che fa incontrare interpreti di comprovata esperienza con giovani talenti. Un classico che non può invecchiare perché affonda le sue radici nella storia stessa del teatro.
Giorgio Sangati
Non cercate la risposta in un libro di filosofia, in un trattato di sociologia e nemmeno tra le vette dipinte da Shakespeare o da Strindberg. Non cercate la risposta nella tragedia greca, né nella disgraziata famiglia del Commesso Viaggiatore.
Troverete tutto, invece, in “Arsenico e Vecchi Merletti” di Joseph Kesselring. Un capolavoro che è ad un tempo giallo e commedia; operetta morale e macchina comica, dove si pensa con il sorriso e si sorride con il pensiero.
Pensate un po’; da bimbo, mia madre me la raccontava come una favola: “C’era una volta un grande casa con due vecchie signore, un cimitero, una cantina, un matto che suona la tromba e un mostro alto due metri…”.
Mia madre finiva la storia e io le chiedevo: “Ma la morale? Qual è la morale?”.
Lei non mi rispondeva.
Venite a teatro. Sarò io a raccontarvi questa favola. Ma non la morale. Quella la racconterete voi a me.
Giancarlo Marinelli