La nervatura filosofica, le linee di pensiero che si espongono nell'opera diretta dal thailandese Weerasethakul, si condensano in questa dichiarazione soggettiva di un antiprotagonista, zio Boonmee, nulla di eroico, semplice vettore di un percorso di passaggio tra vita materiale, abbandono della carne e riemersione dello spirito.
Nelle terre thai di Boonmee, alla vista dei fantasmi
non si sobbalza, non si urla, ma si dialoga e si sorride. Un naturale rispetto per l'irrazionale, che poi in quell'area geografica è vulgata comune da secoli. Non c'è quindi da ridacchiare di fronte alle creature che silenziosamente occupano spazi di selvatico profilmico. La resa visiva è
di straordinario fascino, il rallentamento di ritmo
e dialoghi non è nemmeno così tarkosvkiano come molti detrattori ululano. Vederlo significa aprirsi nuove prospettive espressive e linguistiche.