I brani selezionati (tratti dai romanzi “Il ballo”, “David Golder”, “Jezabel”, “I cani e i lupi”, “I falò dell'autunno”, “Suite francese”) individuano tre personaggi della saga familiare dell'autrice: la figlia, la madre odiata e il padre disperato, e due figure di narratrici che evocano lo sfondo storico-antropologico dei pogrom e delle due guerre mondiali.
Il coro conclusivo a cinque voci è tratto da “I doni della vita”.
Come nelle precedenti letture sceniche della compagnia, costumi e scenografia minimalista suggeriscono sinteticamente e/o simbolicamente il contesto ricorrente nelle opere di Némirovsky, mentre le musiche di scena rimarcano il senso profondo di alcuni passaggi delle letture.
Irène Némirovsky, nata a Kiev, Ucraina, nel 1903, morta nel 1942 a Auschwitz, di famiglia ebraica, ha vissuto una breve ma intensa vita “in bilico spericolato tra Oriente e Occidente”.
Il peregrinare della famiglia da Kiev a San Pietroburgo, poi in fuga dalla rivoluzione russa attraverso Finlandia e Svezia, fino all'approdo parigino, le regala un bilinguismo perfetto, in virtù del quale diventa scrittrice di successo in lingua francese.
Ma né il successo né la conversione al cattolicesimo le evitano la deportazione e lo sterminio, da cui si salvano le due figlie bambine, che cureranno dopo decenni la riedizione dei suoi romanzi già noti prima della guerra e la pubblicazione degli inediti.
Spietata indagatrice della borghesia faccendiera, rapace e spregiudicata in cui è nata e del più grande mondo, ferocemente orientato alla guerra di tutti contro tutti, fa della sua scrittura lucida e affilata l'alternativa alla passiva accettazione del destino femminile di madre, moglie, amante, mantenuta, che ossessivamente disseziona nei suoi testi. (cfr. Maria Nadotti nell'Introduzione alla traduzione italiana di “Le bal”, Newton Compton Editore).