Una fase fondamentale per l’evoluzione umana vede la sostituzione della popolazione autoctona neandertaliana con il nuovo arrivato sulla scena mondiale, Homo sapiens, che in breve tempo occupa l’intero continente euroasiatico interagendo con le altre forme umane incontrate sul proprio cammino. Il Neandertal era una di queste, e gli interrogativi sulla sua scomparsa richiedono continui approfondimenti basati anche su ricerche come quella intrapresa a Pradis dal 2010. Obiettivo delle campagne
di scavi sono gli strati a Grotta del Rio Secco nel Friuli occidentale, contenenti le più recenti testimonianze lasciate dagli ultimi gruppi di neandertaliani attorno a 45mila e 40mila anni fa, rappresentate dalle ossa degli ungulati cacciati e poi consumati sotto il grande riparo roccioso, e da numerosi attrezzi di selce scheggiata e lavorata con tecniche elaborate.
Un aspetto eccezionale per lo studio del comportamento di
questi nostri cugini scomparsi è dato dal ritrovamento di ossa di orso recanti chiari segni di macellazione che provano la caccia al grande plantigrado. Il confronto con i sapeins, cacciatori di stambecchi e marmotte è assicurato dalle interessanti scoperte effettuate nella vicina Grotta del Clusantin, dove 14mila anni fa un piccolo gruppo di cacciatori si installò. La ricchezza del patrimonio archeologico a Pradis è valorizzata da percorsi e attività didattiche e dal locale Museo della Grotta,
gestito dall’Amministrazione Comunale.
Introduce Roberto Micheli, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia.
Interventi: Marco Peresani, Matteo Romandini, Università di Ferrara.