mostre
Back to Life in Iraq

Il 16 febbraio 2018 apre Back to Life in Iraq mostra evento nata da un progetto di Emanuele Confortin, giornalista indipendente. L’iniziativa popone una chiave di lettura della complessa situazione in Medio Oriente attraverso arte e reportage. Back to Life in Iraq conclude quindi un percorso che da circa un anno (marzo 2017-gennaio 2018) impegna E. Confortin tra le città irachene di Erbil, Bartella e Mosul.

La realizzazione del progetto è stata possibile grazie al sostegno fondamentale del Center for the Humanities and Social Change dell’Università Ca’ Foscari, Fondazione Ca’ Foscari, Venice International University, Collegio Internazionale Ca’ Foscari, Nuova Icona, San Servolo Servizi Metropolitani, Focsiv, Amnesty International, UNHCR Italia.

L’evento e la mostra ruotano attorno alla vicenda umana di Matti al-Kanun, artista di 74 anni appartenente alla comunità cristiano siriaca di Bartella – città posta 20 chilometri a est di Mosul- che al pari di centinaia di migliaia di cristiani, di yazidi, di shabak sciiti, di musulmani sunniti, di curdi, di turcomanni… è fuggito con la famiglia dalla violenza che a partire dal 2014 ha sconvolto il nord dell’Iraq. Al Kanun è un pittore appassionato, formatosi all’Accademia di Baghdad negli anni Settanta, per una vita insegnate d’arte a scuola. Nel corso della sua crescita artistica si è ispirato al Rinascimento italiano, appassionandosi poi all’Impressionismo francese. Al momento della fuga, il 6 agosto 2014, poche ore prima dell’arrivo dei jihadisti dello Stato Islamico, Matti al-Kanun e i suoi famigliari hanno abbandonato in casa parte della collezione di opere. In tutto, 35 tele, incluse tre a tema cristiano.

Dopo essersi insediati a Mosul e su gran parte della Piana di Ninive, i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi hanno conquistato anche Bartella, saccheggiando una casa dopo l’altra, inclusa quella di Al Kanun. Bartella viene liberata agli albori dell’offensiva contro lo Stato Islamico in Iraq, ponendo fine a un’occupazione durata trenta mesi. L’artista riesce così a tornare a casa, per brevi periodi, in quello che resta dell’area urbana distrutta e ancora spopolata. All’interno dell’abitazione spoglia, privata di tutti i mobili e pesantemente danneggiata, sono rimasti i suoi dipinti. Nell’ammasso di tele sporche sul pavimento, quelle a tema cristiano sono pesantemente deturpate dai pugnali dei jihadisti in nome di un’iconoclastia che, benché non sia specificamente islamica, attribuisce al gesto dei miliziani un carattere peculiare: colpire le minoranze attraverso i loro simboli religiosi. È questo lo scopo degli uomini di Al Baghdadi, per i quali l’estensione del Califfato deve coincidere con l’eliminazione di qualsiasi elemento alieno alla loro ideologia.

Emanuele Confortin incontra Matti al-Kanun a marzo 2017. In quell’occasione una frase pronunciata dall’artista iracheno raccoglie il senso del lavoro che verrà successivamente: “Vorrei riavere i miei dipinti per ripararli, per ricucire quegli squarci come forma di resistenza alla guerra, alla violenza. Voglio tornare alla vita”. Consapevole di non poter fare altro se non quello di affidarsi alla sua arte, Al Kanun vuole lanciare un messaggio. Lo fa per se stesso, lo fa per tutte le comunità che un tempo convivevano in questo territorio e che, dopo essere state divise e frammentate dalla guerra, sono costrette all’isolamento nei campi profughi.

Proprio qui inizia Back to Life in Iraq, un lavoro importante, sviluppato assieme all’ International Center for the Humanities and Social Change dell’Università Ca’ Foscari, che attraverso il recupero dei dipinti e la loro riparazione propone una limpida testimonianza sull’occupazione dell’Isis in contesto iracheno. Se i temi della guerra e delle migrazioni vivono in un’attualità perenne, il modo di raccontarla può abbracciare (deve abbracciare) molteplici prospettive. Ecco che la testimonianza di Al Kanun e della sua famiglia diviene il riflesso di altre, troppe, storie simili, vissute da centinaia di migliaia di donne, di uomini e di bambini a prescindere dall’appartenenza etnica o religiosa.

Per settimane E. Confortin ha seguito la famiglia Al Kanun da una parte all’altra del confine curdo-iracheno, fino a Bartella. Qui, tra le macerie di una città semi-deserta, l’artista iracheno ritrova le proprie opere. Non senza difficoltà riesce a recuperare la collezione, portandola in salvo a Erbil. La Battaglia di Mosul si è da poco conclusa, l’emergenza umanitaria è profonda, e il confine è un “non luogo” dove il transito di un mezzo carico di opere è oltremodo complesso. Al Kanun riesce nel suo intento, e una volta al sicuro inizia a riparare i dipinti. Usando solo frammenti di tela, dell’acqua e un po’ di colla, uno dopo l’altro gli squarci vengono suturati, i segni della follia alleviati, affermando in questo modo la necessità di un intero popolo: tornare alla vita in Iraq.

La conclusione di questo complesso lavoro ci porta a Venezia, dove dal 16 febbraio al 7 aprile 2018, grazie al lavoro del Center for the Humanities and Social Change, di Nuova Icona e di San Servolo Servizi Metropolitani, saranno esposti i dipinti “salvati” di Al Kanun, affiancati dal reportage (foto e video) che Emanuele Confortin ha realizzato in questi mesi. Il documentario ripercorre il ritorno alla vita a Bartella, partendo proprio dalla vicenda dell’artista iracheno. Un lavoro realizzato grazie all’indispensabile aiuto di Daniele Costa, direttore della post produzione, di Marco Furlanetto e Mauro Martinuz per il missaggio audio, con il contributo straordinario di Ottavia Piccolo quale voce narrante.

dettagli
Biglietto: entrata libera-free entry
quando
dal 16/02/18 al 07/04/18
DoLuMaMeGiVeSa
Orario: (scegli la data)
dove
Oratorio di San Ludovico
Calle dei Vecchi, Dorsoduro 2552 - 30123 Venezia
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