Sguardi incrociati a Venezia

Ideata dallo storico d’arte e curatore Adrien Goetz, Sguardi incrociati a Venezia è la terza esibizione presentata all’Espace Louis Vuitton Venezia. Dopo Where Should Othello Go?, Pompeo Molmenti & Tony Oursler, e Renaissance, Bill Viola & Carpaccio, questo vis-à-vis tra il famoso artista manga giapponese Jirô Taniguchi (1957-) e Mariano Fortuny(1871-1949), pittore, scenografo e fotografo, offre due visioni differenti di Venezia, una antica l’altra contemporanea, caratterizzate da incredibili similitudini.

La mostra Sguardi incrociati a Venezia mette a confronto più di 30 disegni, creati da Jirô Taniguchi per il nuovo Travel Book Louis Vuitton e 25 fotografie scattate da Mariano Fortuny, conservate nella collezione privata di Palazzo Fortuny, così come i suoi film e i suoi libri, grazie ai meticolosi lavori di restauro sostenuti da Louis Vuitton, nel quadro della partnership siglata con la Fondazione Musei Civici di Venezia.

Entrambi ripercorrono i labirinti veneziani catturando l’apparente immutabilità della Serenissima e discostandosi dalla propria zona di sicurezza: Fortuny si allontana dalla pittura mentre Taniguchi dal formato classico del manga. Il risultato è un viaggio che consente di approfondire conoscenze e scoprire scenari inattesi. Venezia diventa il palcoscenico in cui si muovono gli attori, Mariano Fortuny e Jirô Taniguchi.

Nelle fotografie di Fortuny presentate in mostra, si riconosce immediatamente la sua passione non solo per il teatro, la scenografia e il set, ma anche per le illuminazioni inattese. Nel disegnatore Taniguchi è la striscia di fumetti, così vicina al manga, ma allo stesso tempo così diversa.

Tra le migliaia di fotografie del vasto archivio Fortuny – della sola Venezia se ne contano più di 1500 – si è selezionato un corpus di immagini straordinario che ritraggono la città da prospettive inusuali e al contempo immortalano i gesti del quotidiano.

Taniguchi, a sua volta, usa la fotografia in maniera duplice: come strumento per fissare le emozioni da cui sviluppare poi la storia nel silenzio del suo studio e come chiave narrativa del cayer de voyage in cui alcune fotografie ingiallite, gelosamente custodite in una scatola di lacca, sono memorie familiari di un viaggio nella città lagunare che danno inizio al viaggio del protagonista del racconto.

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