Film Season Dedicated to Czech Director, Karel Zeman | Le fantastiche avventure del cinema ceco: Karel Zeman

Una retrospettiva dedicata al cinema di Karel Zeman alla Casa del Cinema, occasionata dal completamento del restauro de La diabolica invenzione (1958), che vedremo al Giorgione in tutto il suo ritrovato splendore. Il fantastico e l’avventuroso. Quello che dovrebbe essere chiaro a questo punto è che questo regista lavorava con la fantasia, con l’animazione e che era bravo nel suo genere. Oltre che essere di nazionalità ceca. Eppure, di Karel Zeman hanno sentito parlare in pochi. Perché? Perché è un regista che ha lavorato in una zona del mondo che non sempre appartiene a quella produzione cinematografica chiamata “occidentale”: nella Storia mondiale del cinema d’animazione di S. Cavalier è definito “sorta di versione est-europea psichedelica di Ray Harryhausen”. Soprattutto, perché, con le parole di C. Silver, curatore della sezione film del MoMa, “Karel Zeman è difficile da categorizzare”. La diabolica invenzione, Il Barone di Münchhausen (1962), Viaggio nella preistoria (1955) e I ragazzi del capitano Nemo (1967), i quattro titoli della retrospettiva, sono tutti realizzati combinando il passo uno, l’animazione di pupazzi, cartoni animati e litografi e e la direzione di attori in carne e ossa. Difficile da ordinare secondo le categorie stabilite.

Ray Harryhausen è il passo uno, possiamo affermarlo con una certa sicurezza, ma Karel Zeman cos’è? Rondolino nella sua Storia del cinema d’animazione paragona La diabolica invenzione all’opera di Méliès: il senso del meraviglioso, il piacere per i racconti fantastici e il gusto per lo scenografico del regista francese trovano nuova voce nel film ceco. Zeman ci ricorda così che la grandezza del cinema d’animazione è la creatività, in senso stretto la capacità di creare.

Possiamo individuare tre elementi principali del cinema di Karel Zeman presentato in questo omaggio. La grande ispirazione al “mondo Verne”, non solo i testi dello scrittore francese, ma anche le illustrazioni di un Ottocento che si immaginava il futuro pieno di uomini seduti in poltrona a fumare il sigaro mentre un pallone aerostatico li porta in giro (e atterrare aprendo l’ombrello, immancabilmente nero, quando prende fuoco) o di sottomarini per due dotati di zampe palmate che sguazzano nell’acqua. Un mondo in movimento e alla ricerca del giusto uso di questo potere che è la tecnologia. Il secondo è la capacità di usare tecniche diverse, insieme e in modo sorprendente per trasportarci in una fantasia che ha il sapore di un teatrino giocattolo e della preistoria raffigurata nei libri della nostra infanzia, quando non c’erano limiti al possibile. Attori che si muovono in scenografi e bidimensionali direttamente dai libri di illustrazione capaci di rafforzare la tridimensionalità dello spazio e creature del mondo della paleontologia che prendono vita in uno spazio che a sua volta è creato usando realtà e fondali. E il terzo è l’attenzione al mondo dei ragazzi, l’importanza di trasmettere loro “qualcosa” con film che li vedono protagonisti, saggi e altruisti davanti a un mondo adulto incapace di stupirsi e di gentilezza.

Su tutto, la capacità di conservare intatto il valore dello stupore, di farci sorridere con rara innocenza perché il cinema di cui stiamo parlando è “qualcosa per gli occhi e qualcosa per le orecchie, qualcosa per riflettere e qualcosa per ridere, qualcosa per la gioia e qualcosa che, forse in modo inosservato, ma durevole, giunga al cuore”. Parola di Karel Zeman.

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