Gino Rossi a Venezia

Curata da Luca Massimo Barbero ed Elisabetta Barisoni, Gino Rossi a Venezia vuole restituire la forza e l’ampiezza dell’innovazione nata e cresciuta a Ca’ Pesaro dal 1908 fino ai primi anni Venti, attraverso lo sguardo di uno dei suoi protagonisti. La mostra s’inserisce all’interno di un rinnovato interesse per la figura di questo artista, a 70 anni dalla sua scomparsa. Il percorso espositivo, che si svilupperà negli ambienti espositivi al secondo piano del museo, si svilupperà intorno ad alcuni capolavori di Gino Rossi, realizzati nel corso di una carriera artistica breve eppure intensissima: alle opere di Ca’ Pesaro si affiancherà il nucleo di significativi lavori raccolti e conservati nella collezione di Fondazione Cariverona.

L’esposizione, che è organizzata in collaborazione con BARCOR17, sarà inoltre arricchita da un catalogo edito da Marsilio (Venezia, 2018), con i testi dei curatori, Luca Massimo Barbero ed Elisabetta Barisoni, cui si affiancheranno le schede delle opere e un saggio di Nico Stringa, che a Gino Rossi ha dedicato una lunga e approfondita ricerca filologica e storica. La parabola artistica di Gino Rossi (Venezia, 1884 – Treviso, 1947) è ricca di stimoli anche se molto circoscritta nel tempo. Nato a Venezia da una famiglia benestante, dopo gli studi a Fiesole e Venezia, si reca a Parigi nel 1907 insieme all’amico e collega Arturo Martini. Lì entra in contatto con alcune delle più importanti esperienze artistiche del tempo, che contribuiscono a formare la sua poetica con sguardo internazionale e cosmopolita. Il periodo parigino – a cui si alternano frequenti soggiorni in Bretagna – gli permette la frequentazione assidua di un milieu artistico e culturale da cui prenderà ispirazione per la sua produzione: entrare in contatto con la poetica cubista e con i Fauve fa sì che, al rientro in Italia, Rossi sia uno tra gli artisti più aggiornati del suo tempo. Il ritorno a Venezia avviene in un periodo in cui Nino Barbantini, appena diventato, a soli 23 anni, direttore della Galleria d’Arte Moderna e al contempo Segretario della neonata Opera Bevilacqua La Masa, comincia a promuovere la sede di Ca’ Pesaro come un luogo aperto alle tendenze più recenti dell’arte italiana, secondo una visione antiaccademica e antitetica alle prime edizioni dell’Esposizione Internazionale d’arte ai Giardini. Fin dalla prima mostra Bevilacqua La Masa a Ca’ Pesaro, nel 1908, risulta evidente quanto l’arte moderna italiana sia davvero nata a Ca’ Pesaro, o quanto meno ne abbia avuto piena espressione in un momento in cui doveva ancora svilupparsi, a livello nazionale, una più articolata rete dedicata alle nuove tendenze. Tra i primi partecipanti alle mostre capesarine sono artisti come Felice Casorati, Umberto Boccioni, Pio Semeghini, Arturo Martini cui si aggiunge, nel 1910, anche Gino Rossi. Attraverso i suoi potenti ritratti degli ultimi e dei reietti, o con la sublimazione del colore nei paesaggi onirici della laguna veneta, Rossi emerge ben presto per il suo violento e irreversibile abbandono dell’accademismo e il ritorno ad un’espressività originaria, quasi arcaica. La forma è per lui elemento “antigrazioso”, lontano dalla leziosità di tanta arte dei primi anni del ‘900, in aperta contrapposizione con l’estetica decadente di molti suoi contemporanei. Sono gli anni in cui l’isola di Burano diventa per Rossi la sua Bretagna, luogo ideale ma assolutamente non idilliaco dove passa lunghi soggiorni e dove si trasferisce anche a vivere, nel disagio e nella scomodità più assoluta.

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